La Cesteria e l'arte dell'intreccio

Arte dell'intreccio

La cesteria è la produzione di cesti e altri oggetti di intreccio, tra le opere di artigianato una delle più antiche del mondo.
Possiamo pensare infatti che l'uomo, da sempre, abbia avuto necessità di contenitori per introdurvi i frutti naturali che raccoglieva. Da ciò la necessita di intrecciare foglie, arbusti di qualsiasi genere per costruire un contenitore.
Le prime testimonianze della produzione di cesti risalgono al neolitico, l'intreccio di fibre vegetali, probabilmente tra le prime opere di artigianato, precede e prepara la nascita della tessitura.
Anche se i reperti sono scarsi, per la difficoltà di conservazione dei materiali, la produzioni di cesti era già presente in Asia Minore nel IX millennio, testimonianze risalenti al 7000 a.C. a Shanidar, Irak; al 6000 a.C. Jarmo, Irak e all'8000 a.C. Çatal Hüyük, Turchia; nella grotta Santa Croce di Bisceglie in Puglia è stato rinvenuto un manufatto ad intreccio antecedente al 6555 a.C.
I primi intrecci saranno stati sicuramente molto semplici, col tempo perfezionati fino ad arrivare gli intrecci molto complessi che possiamo trovare oggi in varie parti del mondo.
L'arte dell'intreccio si è tramandata verbalmente da uomo a uomo.
I cesti più antichi risultano quelli trovati nel sito archeologico delle Navi di Pisa a San Rossore, in quel luogo infatti si sono venute a creare le condizioni per la conservazione di manufatti così delicati che generalmente non resistono all'usura del tempo.
I cesti possono essere di ogni forma e dimensione in rapporto all'uso, vengono realizzati con tecniche e materiali diversi se usati come contenitore, come gabbia o imballaggio.
In Italia il materiale più usato per la produzione di cesti è sicuramente il salice con le sue numerose specie. Forse il più conosciuto è il salix viminalis (comunemente chiamato vimini), vengono usati però piuttosto frequentemente anche la canna, l'olivo, la vitalba, il corniolo, l'olmo, il ligustro, il viburno, il nocciolo selvatico ed altri arbusti del bosco.

Ciò che fa l’artigiano, oltre all’abilità manuale, sono creatività e originalità.

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Artigianato Artistico

L’artigianato è un’attività lavorativa totalmente manuale o quasi che ha come fine quello di costruire oggetti destinati ad essere utilizzati.

Nell'antichità la formazione di comunità stabili, costituì un incentivo all'artigianato.
Il perfezionamento di un particolare manufatto, richiese una sempre maggiore specializzazione e quindi la nascita di caste a conoscenza di segreti professionali.
Con l'espansione dei centri e la sempre crescente domanda di mano d'opera, si installarono comunità stabili di artigiani.

Lo sviluppo dell'attività artigianale procede, quindi, di pari passo con quello delle città e del commercio: la formazione di una rete di scambi tra città o aree diverse permette una circolazione delle tecniche e delle materie prime, con il doppio risultato di accelerare il progresso di molte lavorazioni e di specializzare la produzione artigianale per aree e per città.

Durante l’XI secolo nascono le prime corporazioni con lo scopo di proteggere il prodotto e di assistere gli artigiani.
Il ceto artigiano arriva così a controllare politicamente la vita di molte città.
La vasta e straordinaria produzione artistica (affreschi, arazzi, sculture) e l'architettura gotica, con le innovazioni tecniche e con la ricchezza decorativa, testimoniano la diffusione di artigiani molto qualificati e l'attenzione che le realtà cittadine e le autorità laiche e religiose rivolgono alle arti.

Ma bisognerà attendere la costituzione delle Accademie per assistere ad una distinzione economica e pratica tra gli artigiani e gli artisti.
Tutte queste evoluzioni portano l’artigiano ad essere considerato un individuo in grado si amministrare liberamente il proprio lavoro e di commercializzre direttamente i propri prodotti.

Ciò che fa l’artigiano, oltre all’abilità manuale, sono creatività e originalità.

L’artigianato artistico unisce alle tecniche tradizionali l’elaborazione di nuove forme e di proposte di grande fantasia e cultura.

Oggi viviamo in una società in cui regna la produzione di massa, in cui avere gli stessi oggetti è all’ordine del giorno...Ma si sa, ognuno di noi cerca di differenziarsi, di avere qualcosa di unico.

Ed è proprio da questa nostra esigenza che si stanno diffondendo sempre più botteghe artigiane, in cui nascono oggetti personalizzati, irripetibili, capaci di trasmettere emozioni con le loro particolarità.

LA VENDITRICE DI FARFALLE - Tonino Guerra


LA VENDITRICE DI FARFALLE   Ora le cose non durano più. Tutto viene sepolto da altri episodi e altri fatti che arrivano continuamente,come una lunga infinita pioggia di neve che cancella i rumori che stanno appena scricchiolando nel mondo. Però ogni tanto qualcosa riaffiora dagli angoli bui della memoria.L’altro giorno ero seduto nel mio studio a Pennabilli a guardare la valle; quando mi sono girato ho visto sulla poltroncina sotto la libreria la vecchia assira coperta di veli neri e collane di pendagli d’argento che vendeva farfalle nell’angolo del mercato armeno di Tbilisi . Erano farfalle con le zampe incollate sulla punta di un ramo che stava infilato nei buchi di una tavola di legno appoggiata sulle ginocchia della donna. Ai ragazzini che compravano una farfalla, lei sfilava il rametto conficcato nella tavola, lo consegnava al compratore e indicava il modo di liberare la farfalla dalla colla. Bastava un po’ d’acqua tiepida . Assira aveva un marito armeno e tre figlie bellissime con un’età attorno ai 15 anni. Una volta la settimana le ragazze andavano a prendere le farfalle dove si trova nella valle la cattedrale di Alaverdì, che si alza in mezzo a un prato con molti cespugli spinosi. Tutte le farfalle che riuscivano a prendere, le custodivano in una grande gabbia formata da fili di ferro coperti da striscie di garza che prendevano all’ospedale. Il padre aveva l’incarico, ogni mattina, di fissare con un po’ di colla le zampine delle farfalle sulla punta dei rami, così non riuscivano a prendere il volo. Fu il grande regista Paradjanov a portarmi a vedere questa venditrice di farfalle. Stava seduta nell’ombra dei suoi veli e teneva sulle ginocchia la tavola di legno coi buchi per reggere i rami con le farfalle variopinte che spiccavano sulle punte.Una domenica di settembre, un signore di 50 anni, benestante, che viveva in solitudine nella zona alta della città comprò diverse farfalle e domandò alla più giovane delle tre figlie che gli portasse a casa i rametti e lo aiutasse a liberarle dalla colla. La ragazzina accompagnò il signore il quale fu molto gentile con lei. Infatti le diede una grossa mancia e le regalò una torta. Anche la domenica seguente il signore comprò altre farfalle e consigliò alla ragazzina di fare un bagno nella sua comoda vasca. Così nacque un leggero rapporto di carezze nel momento che uscita dall’acqua l’aiutava ad asciugarsi premendo le mani sul lenzuolo che avvolgeva quello splendido corpo.Quando la madre si accorse di questo rapporto ambiguo di sua figlia con quella ricca persona, chiese al marito di andare a commerciare farfalle da qualche altra parte, per esempio nell’Azerbaijan.Partirono una mattina d’autunno con le foglie secche dei noci che cadevano sulla strada. E soltanto la ragazzina pianse per quel distacco. Non tornarono più. Raccontano che quell’inverno nella casa del signore volarono molte farfalle e che lui ogni tanto sedeva incantato a guardarle. In primavera, poi, aprì tutte le finestre per farle uscire e seguì commosso quella fuga.


Tonino Guerra

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