IDEE in CUCINA - Farinata genovese e profumi d'estate -





Ecco la teglia per farinata, in rame martellato della Bottega Navarini
Il diametro è di 32 cm, l'altezza dell'orlo è pari a 2 cm.

È uno strumento specifico per preparare la farinata, una specialità tipica della Liguria, in particolar modo della città di Genova.


Potete trovarla nel nostro punto vendita in via Polesine 290.





pesto alla trapanese nel mortaio



La pasta con il pesto alla trapanese è un piatto tipico della cucina della provincia di Trapani. E' un piatto antico: nel porto di Trapani si fermavano le navi genovesi, provenienti dall'Oriente, che portarono la tradizione del pesto ligure, che fu dai marinai trapanesi elaborato con i prodotti della loro terra, il pomodoro e le mandorle.
Ingredienti
6 pomodori maturi
50 g di mandorle sgusciate
15 foglie di basilico fresco
1 o 2 spicchi d'aglio
olio d'oliva
sale e pepe q.b.
Preparazione
Mettere in un mortaio l'aglio e il basilico con un pò di sale e pestate a lungo fino ad ottenere una vera e propria crema.Dopo avere spellato il pomodoro e privato dei semi aggiungerlo al composto,quindi proseguire con il pepe le mandorle e l'olio fino ad ottenere un composto omogeneo.Lessare la pasta,appena cotta,versare in una zuppiera rimescolando bene con il pesto aggiungendo 
infine il pecorino grattugiato. Volendo potete sostituire il pecorino con della ricotta salata. 



Mortaio,tipo genovese, in marmo bianco di Carrara con pestello di legno
Ricavato da un unico blocco di marmo indispensabile per preparare tutti i tipi di pesto ed innumerevoli salse.La tradizione vuole che il pesto venga realizzato nel classico mortaio di marmo pestando gli ingredienti contro le pareti dello stesso, i genovesi autentici assicurano un risultato insuperabile.


 www.unicuique.com

ARRIVA L'ESTATE! Ecco un paio di ricette golose e veloci




Mortaio in marmo di Carrara. Disponibile in diverse misure e modelli.

NON SOLO PER IL PESTO!!!!!

 SALSA DI OLIVE NERE













SALSA ALLA MARINARA
PESTOALLA GENOVESE

La salsa di olive viene utilizzata per conferire un singolare e gradevole gusto a molte preparazioni.
E' un apprezzato condimento, accompagnata da dadini di pomodoro fresco, per piatti di pasta.
E' un ottimo accompagnamento per piatti di pesce cotto al vapore.
Rappresenta infine un'eccellente soluzione per i crostini dell'aperitivo, semplicemente spalmata su crostini di pane tostato.

Ingredienti
250 g. di olive nere
30 g. di filetti di acciuga sott'olio
20 g. di capperi
1 spicchio d'aglio
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
Sale e pepe appena macinato
Preparazione
Snocciolare le olive, lavarle, asciugarle e tagliarle a pezzetti. Passare i capperi sotto acqua corrente, scolarli, asciugarli e tritarli grossolanamente. Scolare le acciughe e spezzettarle.
In un mortaio mettere le olive a pezzetti, aggiungere i filetti di acciuga, i capperi e l'aglio; aggiungere l'olio e aggiustare di sale e pepe. Con il pestello schiacciare gli ingredienti contro le pareti del mortaio fino ad ottenere un composto cremoso ed omogeneo.

La stampa a ruggine in romagna








La stampa su tela con colori naturali ha origini molto antiche: già diffusa in tutta l’Europa nel VI sec. d. C., rimase in auge fino alla fine del sec. XVII nelle stamperie di Roma, capitale dello Stato Pontificio di cui Rimini faceva parte.
Il mutamento di gusto e le nuove tecnologie soppiantarono la stampa su tela, che in Romagna invece divenne un vanto dell'artigianato locale e la cultura tradizionale delle genti delle campagne seppe conservare sapientemente le tecniche antiche.
In passato la produzione dei filati e la tessitura venivano curate interamente dalle famiglie contadine, in un’economia autosufficiente piantavano i semi di lino o canapa, curavano la crescita delle piante, le raccoglievano, maceravano, cardavano, filavano a mano e tessevano in telai artigianali tramandati di madre in figlio.
Oggi la produzione delle tele segue altre strade, ma restano invariate le fasi di stampa per le quali si utilizzano:
stampi di legno di pero intagliati, colori naturali, il più tipico la ruggine, che si ottiene dall’ossido di ferro, il color mattone, il verde e il blu, farina e aceto.

Gli antichi stampi portano incisa la storia della decorazione di quattro secoli, patrimonio dell’arte decorativa della Romagna.

Una fase importante della produzione è la “manganatura”, cioè un tipo di stiratura che si ottiene pressando i tessuti con il mangano.
Il Mangano è una pressa primitiva, che risale al 1600.
La parola Mangano significa macchina che produce forza.
Il Mangano ebbe diverse applicazioni ed era già nota ai Romani, nel III° sec.a. C. il genio della meccanica Filone da Bisanzio ne creò uno.
Il Mangano del Medioevo invece venne utilizzato come marchingegno da guerra, Leonardo da Vinci nei suoi scritti ce ne dà una testimonianza.
Il Mangano di Santarcangelo è l’ultimo esemplare nel suo genere e tutt’ora funzionante.
Con questa pressatura i tessuti diventano così lucidi, più resistenti, compatti e lisci. Inizialmente si realizzavano tovaglie decorate o coperte per buoi con simboli propiziatori, poi col tempo nella produzione si aggiunse: tende, coperte e oggetti vari per la casa.
Il colore più diffuso è la ruggine, mentre tra i motivi sono tipici: il gallo e il tralcio d’uva.

Il mazapegul è un mito che non tramonta mai!

Paese che vai… folletto che trovi!
Qui in Romagna a farci compagnia è il Mazapegul. Un simpatico e dispettoso  folletto che passa le notti ad infastidire le giovani fanciulle e non solo. Lo studioso Giovanni Fantaguzzi, in una cronaca cesenate del 1400, racconta di un folletto innamorato di una giovane massaia e dei dispetti che era solito procurare al suo catino. Tutti sanno che i paesi pullulano di elfi e folletti, creature irreali e graziose con poteri magici, sono tante le storie che si raccontano su di loro soprattutto quelle sul  Mazapegul che è diffuso in tutto il territorio nazionale assume di volta in volta compiti, nome ed iconografia differenti. A Bergamo lo chiamano Barbech, Pappoli a Massa Carrara, Farfarelli in Lombardia, Lazio e Sicilia, Mazzamarillo nel teramano Mazz'marill, diviene Mazzamambrillo nell'alto Molise Mazzamambrigl, a Bari diventa U’augurie  Scazzamurid in Basilicata, Barabanen a Imola, e molti, molti altri…Pare, però, che l'origine del personaggio sia romagnola, dove lo troviamo oltre che con il nome di Mazapegul anche Mazapeder o Mazapigur o Caicarel o e fuletà. Mazapegul sta per Mazapegolo, secondo la tradizione popolare romagnola questo strano e piccolo animaletto, un po’ scimmia e un po’ bambino, cercherebbe ogni sera un ventre diverso nel quale coricarsi regalando attenzioni alle donne disponibili e dispetti a quelle meno contente. Si racconta che questo buffo folletto si innamora delle giovani di casa, le insegue, scompiglia i loro capelli, si insinua sotto le sottane è geloso e vendicativo, salta sui letti e sulla loro pancia perché imparino a saper portare il loro peso. Passa le notti ad attorcigliare in trecce le code e le criniere dei cavalli nella stalla, rendendo così furiosi i contadini costretti il mattino seguente a impiegare ore per spazzolare le loro bestie. Ha un cappellino rosso che lascia fuori dalla camera della persona che molesta, non fa del male, ma sale sul letto silenzioso e cammina sul petto creando delle difficoltà nel respirare. Spesso si associa la sua presenza al vortice del vento "e fulet". Numerosi sono le accortezze prodotte dagli abitanti delle campagne per tenerlo lontano; dal forcone posto sotto al letto o nelle stalle, alla scopa davanti alla porta, all'inevitabile ricorso al sacerdote-esorcista. A questo punto c’è da chiedersi come facciamo a sapere se il Mazapegul è stato da noi?  Si dice che lasci orme di gatto, quindi se si cosparge di farina il pavimento davanti all’uscio della porta, quando passa dovrebbe lasciare il segno! Leggenda o realtà… il mazapegul è un mito che non tramonta mai!